FUNGHI ARANCIONI

FUNGHI ARANCIONI

In quell'inverno del lontano 1987-88 l'attivita` fremeva. Il poligono si spostava da un davanzale all'altro, accompagnato dalla centrale di calcolo e da un piccolo manipolo di personaggi laboriosi. Il fidatissimo ZX Spectrum, sul quale girava un programmino in linguaggio macchina, faceva apparire sullo schermo la spinta del propulsore, istante per istante. Alcune volte la curva di spinta raggiungeva immediatamente il fondo scala, altre volte un piccolo boato (segno premonitore di quello che sarebbe successo di li` a poco), preceduto da un fuggi-fuggi generale, spegneva all'istante l'entusiasmo dei convenuti, ma ne accendeva meravigliosamente lo stupore.

Tutto era nato dalle storie di un paese vicinissimo (almeno cosi` si dice) dove le caffettiere volavano o si interravano bruscamente, oppure lanciavano al cielo i loro coperchi e le loro frattaglie, e dove i fogli di carta arrestavano la loro corsa nel cielo contro le finestre, sprigionando fuoco e fiamme.

L'energia di un tempo, adatta a far luce nelle notti tempestose (i "controvento"), si era trasformata, lasciando il posto a composti quaternari del carbonio e potenti ossidanti. Gli involucri erano cambiati: non piu` contenitori metallici, ma artigianali tubicini di cartone che portavano in coda manufatti in argilla di vario tipo (ugelli "Paolucci tipo I e II", ugelli "Rossetto"...), frutto della tecnologia aerospaziale del settore ingegneristico del centro di studio. Uno spago all'uopo intriso di salnitro fungeva da innesco, da count-down, da spia luminosa o da detonatore. Il corpicino, legato all'estremita` libera di un righello di qualche centimetro, ruotava, contro la resistenza di un elastico, il coperchio di un barattolo di marmellata, facente perno a sua volta su di un potenziometro collegato al computer.

Tutto si svolgeva la sera, quando la maggior parte degli esperimenti poteva essere condotta nella massima riservatezza e lontano da occhi indiscreti. Variamente si realizzavano spinte prodigiose o clamorosi bluff, inframmezzati da lacerazioni improvvise degli involucri, attraverso le quali tutta l'energia si liberava in un momento, senza che la carta stagnola, comprata dal settore forniture e contabilita` con i fondi ottenuti dall'autotassazione dei ricercatori, la potesse in qualche modo incanalare verso l'ugello. Dopo il bluff o la riuscita dell'esperimento, l'artificiere mogio mogio ma sospettoso si avvicinava all'involucro, decretandone o meno la pericolosita`. Altrimenti i pezzi erano sparsi per tutta la stanza.

La svolta decisiva fu dovuta alla memoria ed al passato. I Grandi Maestri (la cui firma autografa oggi si puo` leggere su alcuni libretti universitari) avevano sempre prediletto la lacerazione ed il boato al sibilo ed alle scie luminose, e gli Ordigni Infernali erano al vertice. Cosi` fu deciso di ripercorrere quella strada con nuovi materiali e nuove idee, ma con lo stesso scopo.

Il primo ed unico prototipo, escludendo i primi razzetti a testata esplosiva degli esperimenti precedenti, fu un cosino grigiastro, cilindrico, di pochi centimetri (una ventina all'incirca), in cui fu stipata l'energia. Il poligono si sposto` all'esterno dell'edificio, in giardino, su una piccola collinetta di sabbia nella quale il modellino fu posto. Ci fu una scintilla, e tutti, ricercatori, stampa e curiosi (immortalati con due scatti prima e dopo) si disposero nei rifugi di emergenza per assistere all'evento. Il silenzio che segui` fu rotto improvvisamente da un boato, ed una vampa arancione si scaglio` verso il cielo, si trasformo` in un fungo balenante e poi solo fumo. In quel momento nessuno capi` che si chiudeva un'era, quella dei trasporti, e se ne apriva un'altra, quella delle voragini, a poca distanza dalla collinetta di sabbia...

L'unico ferito che si ricordi fu uno dei collaboratori alla ricerca, che si vide bruciare tutti i peli dell'avambraccio e della mano (nella quale teneva un barattolino con il residuo del composto energetico che stava versando lentamente sopra un fuocherello) per un ritorno di fiamma. I presenti avvertirono dopo pochi istanti un odore di "pollo" strinato.


                                                             Musco