Tutto era nato dalle storie di un paese vicinissimo (almeno cosi` si dice) dove le caffettiere volavano o si interravano bruscamente, oppure lanciavano al cielo i loro coperchi e le loro frattaglie, e dove i fogli di carta arrestavano la loro corsa nel cielo contro le finestre, sprigionando fuoco e fiamme.
L'energia di un tempo, adatta a far luce nelle notti tempestose (i "controvento"), si era trasformata, lasciando il posto a composti quaternari del carbonio e potenti ossidanti. Gli involucri erano cambiati: non piu` contenitori metallici, ma artigianali tubicini di cartone che portavano in coda manufatti in argilla di vario tipo (ugelli "Paolucci tipo I e II", ugelli "Rossetto"...), frutto della tecnologia aerospaziale del settore ingegneristico del centro di studio. Uno spago all'uopo intriso di salnitro fungeva da innesco, da count-down, da spia luminosa o da detonatore. Il corpicino, legato all'estremita` libera di un righello di qualche centimetro, ruotava, contro la resistenza di un elastico, il coperchio di un barattolo di marmellata, facente perno a sua volta su di un potenziometro collegato al computer.
Tutto si svolgeva la sera, quando la maggior parte degli esperimenti poteva essere condotta nella massima riservatezza e lontano da occhi indiscreti. Variamente si realizzavano spinte prodigiose o clamorosi bluff, inframmezzati da lacerazioni improvvise degli involucri, attraverso le quali tutta l'energia si liberava in un momento, senza che la carta stagnola, comprata dal settore forniture e contabilita` con i fondi ottenuti dall'autotassazione dei ricercatori, la potesse in qualche modo incanalare verso l'ugello. Dopo il bluff o la riuscita dell'esperimento, l'artificiere mogio mogio ma sospettoso si avvicinava all'involucro, decretandone o meno la pericolosita`. Altrimenti i pezzi erano sparsi per tutta la stanza.
La svolta decisiva fu dovuta alla memoria ed al passato. I Grandi Maestri (la cui firma autografa oggi si puo` leggere su alcuni libretti universitari) avevano sempre prediletto la lacerazione ed il boato al sibilo ed alle scie luminose, e gli Ordigni Infernali erano al vertice. Cosi` fu deciso di ripercorrere quella strada con nuovi materiali e nuove idee, ma con lo stesso scopo.
Il primo ed unico prototipo, escludendo i primi razzetti a testata esplosiva degli esperimenti precedenti, fu un cosino grigiastro, cilindrico, di pochi centimetri (una ventina all'incirca), in cui fu stipata l'energia. Il poligono si sposto` all'esterno dell'edificio, in giardino, su una piccola collinetta di sabbia nella quale il modellino fu posto. Ci fu una scintilla, e tutti, ricercatori, stampa e curiosi (immortalati con due scatti prima e dopo) si disposero nei rifugi di emergenza per assistere all'evento. Il silenzio che segui` fu rotto improvvisamente da un boato, ed una vampa arancione si scaglio` verso il cielo, si trasformo` in un fungo balenante e poi solo fumo. In quel momento nessuno capi` che si chiudeva un'era, quella dei trasporti, e se ne apriva un'altra, quella delle voragini, a poca distanza dalla collinetta di sabbia...
L'unico ferito che si ricordi fu uno dei collaboratori alla ricerca, che si vide bruciare tutti i peli dell'avambraccio e della mano (nella quale teneva un barattolino con il residuo del composto energetico che stava versando lentamente sopra un fuocherello) per un ritorno di fiamma. I presenti avvertirono dopo pochi istanti un odore di "pollo" strinato.
Musco