MICROPROPAGAZIONE DELLE AZALEE.

MICROPROPAGAZIONE DELLE AZALEE.

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1.Introduzione.

Le Azalee appartengono al genere Rhododendron che comprende piu' di 800 specie. Linneo nel suo Species Plantarum del 1735 creo' un genere distinto Azalea, riunito sotto l'unico genere Rhododendron nel 1834 da George Don.

La maggiorparte delle Azalee sono piante diploidi con 26 cromosomi, sebbene siano frequenti i tetraploidi sono rari gli esaploidi. I Rododendri sono generalmente piante sempreverdi con fiori campanulati mentre le Azalee sono caducifoglie con fiori tubiformi, queste differenze non sono mai marcate data l'estrema variabilita' nel genere. Sono piante abbondanti nelle regioni temperate e diffuse in Asia, America e Europa; sono estremamente sensibili al ph del suolo (sono acidofile) alla salinita' ed ai rigori invernali.

Le Azalee si vendono in vasi (preferibilmente di terracotta) o come arbusto per il giardino per formare siepi, fondali o per arricchire una composizione. Le specie sono centinaia, le varieta' migliaia; a queste fanno ricorso i bredeer per selezionare nuovi ibridi, nuovi colori del fiore, qualita' delle foglie, resistenza alle avversita', rusticita', habitus vegetativo.

2.Propagazione.

L'Azalea puo' essere normalmente propagata per seme, per talea e per innesto. Di questi tre metodi la propagazione gamica e' usata commercialmente solo per scopi di miglioramento genetico e per la produzione di portainnesti, l'innesto per specie o cultivars a basso potere rizogeno mentre la talea e' la tecnica ancor oggi di gran lunga piu' usata tra quelle tradizionali.

Sono tutti metodi affidabili ma che producono un numero relativamente piccolo di piante in rapporto al numero di piante madri utilizzate; inoltre e' un sistema poco flessibile rispetto alla domanda di un mercato che richiede un rinnovamento dell'offerta in tempi sempre piu' brevi.

3.Micropropagazione .

La micropropagazione del rododendro ha affiancato dalla fine degli anni Ô70 i metodi tradizionali, imponendosi nei vivai europei e sopratutto negli U.S.A., per la riduzione dei costi di produzione e per l'aumentata efficienza produttiva dei vivai.

Il rododendro negli U.S.A. e' la quarta tra le specie micropropagate con 8.000.000 di piante l'anno dopo il Syngonium, Spathipyllum e le felci (Kurtz e Chu 1990).

Inoltre l'introduzione di nuove cultivars richiede circa 3 anni con la micropropagazione rispetto ai 10 con le tecniche tradizionali.

Nella micropropagazione del rododendro sono essenziali 4 fattori :

3.1 : la composizione del substrato.

Il pioniere della coltivazione in vitro del rododendro e' Wilbur Anderson che nel 1975 sviluppo' una coltura di apice vegetativo dell'ibrido Rose Elf. Il suo contributo fondamentale per arrivare a questo risultato e' stato la revisione del substrato di Murashige & Skoog (1962) con tecniche di dosaggio biologico.

Il substrato MS risulta tossico per il rododendro come per molte altre specie legnose (es. mandorlo, olivo, pioppo e conifere) per l'elevata concentrazione di sali inorganici.

Ulteriori modifiche del substrato MS sono state fatte da Lloyd e Mc Cown (1981) e da Economou e Read (1984) per le azalee decidue. La nuova formula di Anderson differiva per la minore quantita' di nitrati (ridotti a 1/4 rispetto all' MS) e di ioduro, per la maggiore concentrazione di ferro chelato e per l'abbassamento del ph da 5,7 a 4,5. Questi risultati, ottenuti con un lungo lavoro sperimentale, permettono:

3.2 Tipo e concentrazione dei fitoregolatori.

Il substrato, oltre che per la composizione in sali inorganici, varia per il tipo e la concentrazione dei fitoregolatori presenti. Nella fase di allestimento della coltura asettica, e poi in quella di moltiplicazione dei propaguli, si usano citochinine che, interferendo con le auxine sintetizzate dai germogli, inibiscono la dominanza apicale e permettono lo sviluppo delle gemme ascellari.

Tra le citochinine la BAP (benzylaminopurina) si e' rivelata inefficace su molti genotipi, probabilmente perche' subisce una degradazione enzimatica. Anche la BA (benzyladenina) non ha successo, provocando necrosi in almeno 6 cultivars. La Zeatina risulta essere la migliore citochinina ma, per il costo proibitivo, non puo' essere usata a livello industriale . La 2iP (isopentenyladenina) e' la piu' impiegata nei vivai; le concentrazioni variano tra 0,5 e 5 mg/l in funzione del genotipo selezionato e spesso anche della fase (dall'allestimento alla proliferazione la concentrazione viene ridotta per non inibire la successiva radicazione).

Le auxine non sempre si sono rivelate indispensabili per l'emissione di germogli; piu' che la quantita' sembra essere importante il rapporto citochinine/auxine.

3.3 Scelta dell'espianto e sterilizzazione.

Per la rigenerazione e' preferibile sfruttare la proliferazione di germogli ascellari piu' che di gemme avventizie, per la possibile insorgenza di variabilita' somaclonale indesiderata (frequenti le "rotture" di colore) e per i tempi piu' lunghi richiesti (ben oltre gli 8 - 10 mesi del primo caso, tempo gia' di per se lungo).

Le piante madri devono essere selezionate per caratteristiche floreali, stato sanitario e aspetto superiore, devono essere cresciute in serra con irrigazione sottochioma per ridurre l'inquinamento. Possono essere usate gemme apicali o gemme ascellari (se dormienti risultano piu' difficili da sterilizzare).

La sterilizzazione dell'espianto prevede (brevemente) : la rimozione delle foglie, l'immersione in una soluzione di ipoclorito di sodio all' 1% con un tensioattivo (Tween 20) per 15'. Il successo delle fasi seguenti dipende da un'adeguata sterilizzazione : spesso i germogli sono ricoperti da una fitta e collosa peluria che complica l'operazione. L'espianto, trasferito sotto cappa in contenitori (es. beute) con substrato sterile, viene deposto orizzontalmente. Dopo 2 - 3 mesi in cella climatica (25 - 30 ûC, lampade fluorescenti accese per 16 h su 24) si saranno sviluppate numerose gemme ascellari. Tali germogli costituiscono il materiale per una subcoltura (cui potranno seguirne altre uguali) o per l'inizio della radicazione, subito o (se conservati a circa 4 ûC) dopo anche 12 mesi.

3.4 Radicazione

Le azalee possono essere trasferite in contenitori come germogli (ottenuti in vitro) con radici preformate o meno. Se possibile si opta per la seconda soluzione, sia perche' meno costosa, sia perche' la manipolazione puo' danneggiare l'apparato radicale non ben sviluppato. La facilita' di radicazione e' attribuibile ad un ritorno alla fase giovanile delle piante allevate in vitro, infatti hanno un aspetto simile ai semenzali.

In entrambi i casi e' richiesto un ambiente con elevata umidita' per proteggere i germogli, mancanti di una cuticola sufficientemente sviluppata e di una regolare funzionalita' stomatica. Il substrato sterile di radicazione e' composto generalmente da sabbia, torba e perlite in diverse proporzioni, deve essere sufficientemente poroso, per incrementarne la fertilita' spesso si aggiunge un concime ternario.

16 - 25 germogli sono posti in un vaso di 10 cm, sono sconsigliati i vassoi alveolati per la fragilita' delle radici. Con il riscaldamento basale si ottiene una radicazione piu' omogenea e veloce (14 - 28 giorni), in generale le azalee sempreverdi sono piu' veloci nella radicazione delle decidue.